Gio. Nov 21st, 2024

È stato presentato mercoledì 25 settembre scorso a Villa Cattolica a Bagheria il nuovo lavoro di Lisa Sciortino.

Alla manifestazione di presentazione del libro edito da Fondazione Thule Cultura di Palermo, gremita di pubblico attento ed entusiasta, sono intervenuti don Cosimo Scordato, Mimmo Aiello, già docente di storia e filosofia al Liceo Classico della città, Michele Ducato, pittore di carretti, Tommaso Romano, Presidente della casa editrice, e Angelo Restivo, fotografo e Presidente dell’Associazione culturale Giuseppe Bagnera. Sono state esaminate le elaborate iconografie, belle per cromia e varietà, sono state ricordate le numerose botteghe bagheresi di carradori e pittori ma anche quelle catanesi. Ai microfoni non è passata inosservata la scientificità della ricerca condotta da Lisa Sciortino, soprattutto riguardo alle fonti documentarie e alle tantissime opere inedite. 

Domenico Aiello ha riferito che: 
È già iniziata una nuova stagione di studi, di mostre, di iniziative editoriali, fotografiche e filmiche che trattano con serietà scientifica non solo il carretto siciliano ma anche i singoli pittori e in questo campo i bagheresi hanno dato un significativo contributo allo studio e alla documentazione scientifica”

Michele Ducato ha definito il libro come 
ultima fatica in ordine di tempo che la studiosa bagherese dedica alla conoscenza e alla divulgazione del famoso mezzo di trasporto isolano che per completezza di informazioni e per ricchezza di immagini rappresenta indubbiamente un prezioso documento storico, testimonianza diretta dell’identità del popolo siciliano.

La Sciortino, che non è  nuova allo studio del carretto siciliano (si vedano Emilio Murdolo Pittore del 2011; Emilio Murdolo. Temi iconografici nell’arte popolare siciliana del 2022; La collezione Daneu Tschinke. Tracce di arte culta nell’iconografia popolare siciliana del 2024, nonché la partecipazione a diversi seminari e conferenze) e che ha speso parole di ringraziamento per la famiglia Galioto per il prestigioso incarico ricevuto di studio e catalogazione dei tantissimi manufatti, ha anche ringraziato quanti hanno collaborato alla realizzazione del volume auspicando ancora una volta che l’Amministrazione possa presto attenzionare più da vicino l’argomento del carretto siciliano in una città come quella di Bagheria in cui si è fatta la storia dell’iconico mezzo di trasporto, ricordando peraltro la recente donazione al Museo Guttuso della collezione Daneu Tschinke, giunta a Bagheria per tramite della Sciortino, Consulente alla Cultura della precedente Amministrazione.

Ci dice Lisa Sciortino:
Il carretto, come ogni altro strumento di lavoro, è strettamente legato alla storia economica e artigianale di Bagheria e dell’isola. Studiarlo estrapolandolo dal contesto culturale di appartenenza, è inutile e riduttivo poiché dietro ogni oggetto si celano visioni della vita, sistemi di relazioni sociali e perfino concezioni spaziotemporali che concorrono a fare del manufatto un simbolo e un documento di un passato non molto remoto. 

Mezzo a trazione equina in uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino a metà del Novecento quando divenne obsoleto per la crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne, il carretto è realizzato con diverse varietà di legno, spesso impreziosito da intagli, sculture e iridescenti decorazioni pittoriche tanto da divenire vero e proprio oggetto d’arte nonché uno dei simboli dell’iconografia folcloristica isolana.

Il carretto assume caratteristiche diverse a seconda della zona in cui viene realizzato. Nel palermitano presenta sponde trapezoidali, una tinta di fondo gialla e decorazioni riempitive prevalentemente geometriche. Nella Sicilia orientale, le sponde sono rettangolari, la tinta di fondo rossa come la lava dell’Etna e le decorazioni e gli intagli si presentano più ricercati e meglio rifiniti, allontanandosi dallo stile più semplice palermitano. 

Il carretto diventò presto status symbol che il proprietario esibiva a dimostrazione del proprio censo, il che condusse alla “competizione” per la committenza del mezzo esteticamente più bello, lasciando spazio alla fantasia degli artigiani tra rilievi, sculture, arabeschi, pitture e incredibili cromie. Oggi sono ormai rari i mastri che mantengono in vita il carretto siciliano. Alla sua realizzazione partecipano diverse maestranze, ciascuna con il proprio ruolo e su questo mezzo si è sbizzarrita l’inventiva degli artigiani dell’isola, non solo per la parte tecnica costruttiva ma soprattutto per gli elementi decorativi che lo invadono in ogni sua parte. Il carretto è, dunque, frutto della collaborazione stretta e condivisa di più mestieri.

La prima fase della sua complessa elaborazione è competenza del carradore, colui che costruisce il carretto e si occupa della ferratura della ruota. Poi intervengono il fonditore di boccole, il tornitore, l’intagliatore e il fabbro. In ultimo, il lavoro passa al pittore che completa il carretto con colori accesi e vivacità scenica. Il suo gusto decorativo si evolse dall’Ottocento al Novecento e, dall’originario strato pittorico con funzione unicamente protettiva del legno, si affermò un codice ornamentale composto da elementi geometrici ripetuti su tutta la superficie del mezzo. Al pittore è affidato il compito di realizzare soprattutto gli scacchi, cioè i dipinti sulle sponde, con gesta cavalleresche, scene mitologiche, storiche, romanzesche e sacre, le cui matrici iconografiche sono da ricercare nelle numerose pubblicazioni di romanzi storici o in stampe popolari variamente diffuse. In questo campo Bagheria vanta una rosa di nomi che hanno avuto e continuano ad avere eco nazionale e internazionale: tra gli altri, Luigi Ficano, Giulio Canadese, Emilio Murdolo che ha dato i natali artistici a Renato Guttuso e di cui ho di recente pubblicato la raccolta di tutte le sue veline sopravvissute, e la celebre bottega dei fratelli Ducato. Lo stretto legame tra la storia del carretto siciliano e la città di Bagheria fu affrontato perfino da un giovane Peppuccio Tornatore nel suo noto documentario nel 1979.

È in questo contesto, tra racconti, botteghe, tradizioni e collaborazioni artistiche, che si inserisce la storia del collezionista Domenico Galioto. Domenico fu un profondo appassionato del carretto siciliano di qualsiasi tipo, uso, colore e decorazione, un vero eclettico in grado di offrire un contributo rilevante e significativo alla storia del mezzo iconico isolano. Lo strumento da trasporto a due ruote lo affascinò sin da bambino quando iniziò a frequentare la pirriera del padre, tra Bagheria e Aspra, da cui si estraeva tufo calcareo dall’inconfondibile colore ocra impiegato per le costruzioni. Con il suo piccolo carretto, seguiva i manovali nel carico e scarico dei conci, innamorato di quel mondo operaio che ormai non c’è più. Conclusasi l’epoca dell’estrazione nelle cave di tufo che circondavano Bagheria, asse portante dell’economia territoriale, Domenico Galioto divenne costruttore edile cavalcando l’onda del boom edilizio degli anni Sessanta del XX secolo, mantenendo sempre viva la passione per i carretti. Nel 1957 sposò Antonina Gargano da cui ebbe due figli, Rosa e Salvatore, i quali oggi lo omaggiano con questa pubblicazione che presenta tutta la collezione Galioto scientificamente ordinata, al fine di rendere noto e fruibile il patrimonio meticolosamente custodito nel tempo in una sorta di grande Wunderkammern. La conoscenza e la divulgazione dei manufatti raccolti, già pensata da Domenico e pienamente condivisa dai figli, è ulteriore dimostrazione della spiccata sensibilità filantropica che lo portava a considerare la propria collezione come bene comune e fonte di formazione e crescita culturale. Negli anni Domenico raccolse decine di esemplari, tra acquisti, recuperi fortunosi, committenze e realizzazioni personali, tanto da costituire un vero e proprio ‘museo’ privato caratterizzato dalla varietà tipologica dei carretti, dalla diversità d’impiego, dalla molteplicità delle decorazioni, dalla pluralità di modelli.

Collezionare significa, peraltro, conoscere, arricchire le proprie esperienze, raccogliere e custodire qualcosa del passato che se ne va e che invece viene fermato. Ed è ormai sorpassata l’identificazione del collezionista visto come figura isolata, a compiacersi dei vari ritrovamenti custoditi gelosamente solo per sé. E questa pubblicazione è una testimonianza degli effetti del collezionare e di come il collezionismo sia stato nel tempo generatore di cultura. 

La collezione di Domenico Galioto, scomparso nel 1992, si presenta ibrida e stratificata negli anni, ricca ed etnoantropologicamente molto interessante. Ricchissime decorazioni, superbe figurazioni e narrazioni pittoriche sulle fiancate, magici intagli e sculture sui bordi della struttura, prodigi di maestria nei ferri battuti, questo e molto altro arricchisce la raccolta. Con entusiasta lungimiranza e amore verso questo mezzo di trasporto, Domenico, divenne collezionista sin da ragazzo e i suoi oggetti offrono uno spaccato di laboratori pittorici isolani. Le iconografie, intagliate o dipinte, sono le più diverse: gli scontri dei crociati, le vicende di Genoveffa di Brabante, la storia romana con Giulio Cesare, i racconti di Riccardo Cuor di Leone, i Vespri Siciliani, le imprese di Giuseppe Garibaldi, i santi, la Cavalleria rusticana, le novelle del Decameron, i Beati Paoli, i tre moschettieri, i viaggi Cristoforo Colombo, Federico II re di Sicilia.

Uno degli esemplari di carretto siciliano più celebri della collezione è certamente quello commissionato da Galioto al palermitano Carmelo Saccaro e dipinto nel 1976 dai fratelli Ducato. Tra gli episodi narrati sulle sponde si distingue la Battaglia di Ponte Ammiraglio, ispirata alla grande tela di Renato Guttuso realizzata tra il 1951 e il 1952 e custodita agli Uffizi. Nella piana di Ponte dell’Ammiraglio a Palermo, il cui ampio golfo fa da sfondo al dipinto, irrompe a cavallo di un destriero, in camicia rossa, poncho al collo, bandiera tricolore e spada sguainata, Giuseppe Garibaldi al comando di uno scelto drappello di impavidi soldati. Invitato a visionare il risultato pittorico, Renato Guttuso, compiaciuto dell’egregia esecuzione dei Ducato e legato a Domenico Galioto da affetto e stima, decise di apporre la propria firma sul pannello raffigurante l’episodio di storia risorgimentale. 

Ma i carretti “di festa” in collezione sono decine tra palermitani, castelvetranesi, trapanesi, marsalesi, catanesi. Poi ci sono quelli da lavoro, pure a decine, la maggior parte fortunosamente recuperata da Galioto da contadini o operai che dismettevano il mezzo ormai obsoleto, consentendo la loro custodia fino ad oggi. Abrasi e logori, sono talora riparati con elementi non pertinenti, privi di ornati e orpelli poiché unicamente destinati all’impiego feriale. Qualcuno di questi fu concesso in prestito per le riprese del film Baaria di Peppuccio Tornatore. Tra le tante preziosità della collezione Galioto, certamente vanno annoverati i diversi piccoli carretti da esposizione, tutti intagliati e dipinti, in un trionfo di forma e colore propriamente siciliano. Diversi sono poi strascini e traìni raccolti da Galioto nonché sponde singole, portelli, diverse chiavi posteriori e una serie di eccellenti bardature ricamate e dipinte, talune ancora utilizzate per qualche sfilata folcloristica locale.

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Di Redazione

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