A Palazzo Inguaggiato, in corso Butera 112 a Bagheria, una mostra evento visitabile sino al 22 dicembre.
Un evento curato dal Museum di Bagheria, diretto da Ezio Pagano, per un progetto promosso dal Centro Studi Angelo Fiore.
Una raccolta di opere varie di arte moderna e contemporanea, scelte con competenza e presentate con gusto, provenienti dalla collezione personale di Pino Pagano.
La mostra è fruibile da martedì a sabato, dalle 17:00 alle 20:00.
Di assoluta rilevanze i nomi esposti, tra Guttuso, Fiume, De Chirico, Festa, il nostro Provino, Hsiao, Dorazio solo per citarne alcuni.
I fratelli Pagano con la loro sensibilità e competenza, incarnano perfettamente il ruolo di quegli uomini di cultura, lontani dal mainstream, di cui tanto abbiamo parlato in questi giorni grazie ai diversi eventi che si sono svolti. Sufficientemente strutturati per potere dire la loro nel panorama bagherese, a volte tanto mal frequentato, ma anche dall’esimersi dalle inutili polemiche, cha all’arte e alla cultura bene non fanno.
La collezione esposta che si potrà ammirare in alcune stanze di palazzo Inguaggiato, gode anche della spinta donata dalla location. L’assenza di arredamento e fronzoli fa si che l’attenzione del visitatore sia catalizzata sulle opere, tanto da farle apparire su un diverso piano della realtà, come in quei set onirici tanto cari al regista David Lynch e di cui ampio uso fece nella serie e nel film Twin Peaks (e l’accostamento non appaia dissacratorio).
Non so dire se la disposizione sia studiata per isolare il fruitore dall’esterno in maniera consapevole, ma la cosa non mi stupirebbe. Il risultato è nient’affatto spiacevole, e ti consente di apprezzare il valore del collezionismo privato, lontano dall’ambiente nel quale è stato pensato e collocato: il salotto casalingo, erede diretto dell’antico studiolo.
Cambia però la prospettiva dell’ospite portato a visitare le mirabilia o le opere d’arte raccolte e presentate nell’intimità e nella sacralità dei propri luoghi, nei propri spazi vitali, in cui quegli oggetti sono cellule di un organismo più complesso, rispetto a rappresentare quello stesso organismo, adagiato in spazi diversi, non solo geografici, non solo geometrici.
Cambia la prospettiva anche rispetto al rappresentare l’organicità di una raccolta di voci diverse quando l’esposizione passa dal rappresentare il collezionista nel suo mondo, al rappresentare se stessa e il suo valore intrinseco ed estrinseco, nel mondo più vasto della comunità dei fruitori della mostra.
Resta certa l’esigenza di spingere su iniziative del genere, che non avendo cappello, hanno l’indiscusso pregio di nascere da quella che io chiamo l’impellenza dell’arte, quella necessità, quasi viscerale, di far emergere la propria personale inclinazione a palesare e a mostrare le proprie vorticose sensazioni rispetto alla forma, al colore o alla sostanza.
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