Gio. Ott 31st, 2024

La spensieratezza degli anni ‘50 nonostante le tante difficoltà, sembrava condivisa tra tutti. Il Professore Antonino Russo ce ne racconta piccoli scorci, mentre la Bagheria di oggi ci restituisce solo incertezze.

Quando andavo nella campagna di un mio zio, nni Marinu, attraversavo la via che porta verso il cimitero di Bagheria e, dopo la traversa, proseguivo in direzione di Aspra. La trazzera che a quel punto aveva inizio era sorretta da una striscia di tufo, risultava dopo la sottrazione di materiale dai due lati. Alla fine era rimasto un viottolo aereo che dapprima correva verso Aspra e poi deviava verso Ficarazzi. Le ruote dei carretti avevano scavato col tempo due solchi più o meno profondi a seconda della consistenza del tufo, così che i carretti andavano avanti ormai, come dentro rotaie.

Quando giungeva a destinazione il carretto faceva un saltello per uscire dalle rotaie ed entrare nella campagna. Se l’ingresso era adeguato il carretto entrava nel terreno, altrimenti rimaneva fuori dal cancello. Un giorno la mia nonna paterna, a causa di alcuni scossoni, si è ritrovata seduta all’orlo della cassa del carretto. Uno scossone successivo più sostenuto l’ha fatta volare dal carretto e andare a terra. Da quel momento la nonna non ha più voluto viaggiare a bordo di un carretto.

Quando si partiva per la scampagnata si portavano ceste contenenti cibi vari, si accendeva un fuoco e le donne cucinavano.

Quasi sempre vi era carne da arrostire. Le patatine fritte non mancavano mai. Io ne facevo una buona scorpacciata. Alcune pietanze venivano portate da casa. In campagna venivano eseguiti scambi di pietanze tra i componenti del gruppo più o meno numeroso. In ogni gruppo cera sempre almeno uno che esagerava un po’ nel bere e verso la fine del pranzo si assisteva a scenette esilaranti. Siccome il soggetto era noto ai componenti del gruppo, c’era chi immancabilmente lo stuzzicava per suscitare debite reazioni verbali. Quando si approssimava il tramonto, si raccoglievano gli oggetti che erano stati sistemati nello spazio antistante la casa di campagna e si faceva ritorno a casa. A quel punto erano tutti stanchi, ma soddisfatti. Il rientro era sempre mesto, dopo la giornata trascorsa in allegria.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.