di Rocco Gumina
Nella seconda domenica d’Avvento l’evangelista Luca continua a farci riflettere sull’intreccio tra fede e storia, tra spirito e vita, tra uomo e Dio che risulta fondamentale per comprendere in profondità ogni pagina biblica.
In questo tempo di attesa l’autore del terzo Vangelo ci spinge a intercettare i segni di Dio, e della sua venuta, nella quotidiana ordinarietà della nostra esistenza caratterizzata molte volte dalla ripetitività, dall’apatia, dalla meschinità e dalla superficialità. Così, nello scorrimento regolare del tempo, il cristiano è chiamato a individuare il guizzo di Dio nel seno della storia, ovvero a saper decifrare il suo avvento nella cronaca umana.
In particolare, nel Vangelo,Luca si sofferma minuziosamente sui nomi dei potenti della epoca delineando così una sorta di geopolitica che riguarda tanto le responsabilità civili – Tiberio Cesare, Ponzio Pilato, Erode, Filippo, Lisania – quanto quelle religiose – Anna e Caifa. Simile contestualizzazione, che potrebbe lasciare il posto alla nomenclatura delle odierne gerarchie politiche e religiose, è il luogo nel quale Dio piomba – in modo particolare – su Giovanni.
Vale la pena sottolineare il movimento di un Dio che avviene nella regolare cronaca per sua ferma volontà, la quale non risulta condizionata dalle abilità, dagli sforzi e dai meriti umani.
Si tratta, quindi, di un moto configurato come autentico dono offerto all’uomo per la sua salvezza.
Ora il brano evangelico che siamo invitati a meditare in questa domenica rivela che la parola del Signore venne su Giovanni quando questi era nel deserto ovvero in uno spazio, in un tempo e in uno stato fertile per prestare ascolto alla voce del Signore. Questo avvento accolto dal figlio di Zaccaria fa di lui un profeta il quale per via della forza e dell’incisività della parola ricevuta, si mette in cammino su strade che, magari, non aveva mai pensato di percorrere; rischia la solitudine e l’emarginazione dalla sua comunità al fine di restare fedele alla parola; mette a repentaglio la propria sicurezza e finanche la vita poiché è consapevole che l’unico valore dell’esistenza coincide con l’annuncio – senza mediazioni occultanti e manipolanti – della parola ascoltata.
Il nocciolo del messaggio di Giovanni è lo stesso che qualsiasi profeta ribadisce nella narrazione biblica: la conversione.
Nel brano evangelico lucano la conversione viene delineata come quell’azione condotta nel seno dello scorrere usuale del tempo che porta ad abbandonare il peccato e dunque tutti quei sentimenti di ribellione e di rivolta verso Dio e verso gli uomini e ad accogliere il disegno del Signore tanto nella nostra vita, quanto nell’intera umanità e nel creato.
Ne deduciamo che la conversione dell’uomo – possibile soltanto nell’atto di accoglienza della parola di Dio – si lega a filo doppio alla capacità del Signore di ristabilire in Lui la sorte del mondo.
Dio, infatti, nonostante il peccato dell’uomo continua a prendersi cura di questi e pertanto ad accadere nella storia umana dandole un nuovo senso, una rinnovata spazialità, una lungimirante finalità.
Allora l’accadimento di Dio nel tempo mostra al discepolo – come emerge anche dal libro del profeta Baruc e dalla lettera ai filippesi dell’apostolo Paolo — sia la rilevanza dell’aver fiducia nel Signore che spiana le alte montagne e le rupi perenni, sia l’importanza di restare integri e irreprensibili per il giorno di Cristo. In tal modo la vita dei credenti – al di là del loro stato di vita – appare come una profezia in grado di manifestare l’incessante bisogno di conversione a Dio e alla sua volontà.
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Rocco Gumina ,insegna Religione cattolica nelle scuole statali a Palermo.
Scrive per VinoNuovo.it e per riviste specialistiche articoli su teologia, spiritualità e politica. Ha appena pubblicato “Giuseppe Dossetti: tra intenzione e fine. Gli anni dell’impegno politico (1943-1958)*, Il pozzo di Giacobbe, 2024
Si ringrazia