di Francesco Paolo Provino
Bagheria ha perso fantasia del pensarsi e distinguersi.
Pare in preda alla afasia che prende anche le città quando non sono in grado di visualizzare i volti che le abitano e gli episodi sociali che le attraversano cambiandole. Eppure nel recente passato altro Sindaco illuminato era partito dalla necessità di ridisegnare il centro attraverso quello che fu del progetto Urban, fermatosi poi ad esclusive rivisitazioni di spazi urbani attraverso un restyling che spesso ha dimenticato anche piccoli interventi come l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Nello stesso tempo un concorso di progettazione, unico esempio nel territorio, misurava la capacità di agire nelle trasformazioni urbane attraverso idee e soluzioni architettoniche a scala urbana: era il tempo di Europan 7 che con diverse soluzioni coniugava le economie dei flussi dall’abitare al turismo e alla filiera degli eventi che macina successi disegnando una città che si confronta con un area abbandonata e degradata quella del vallone Monaco per ricucirne le parti, attraverso quella cultura del rammendo cara a molti architetti/urbanisti, con gli elementi del progetto di città capace di sviluppare la sua forza in un confronto tra ambiente naturale il parco urbano e i sistemi infrastrutturali della viabilità e l’abitare.
Intanto il disagio cresce sotto la pelle della città che dobbiamo cambiare, perché la città degli invisibili bussa alle porte della città del centro ponendo le sue domande. Bagheria più che in crisi è al tornante di una lunga metamorfosi e il modo in cui lo si affronterà è di grande importanza non solo per sé stessa ma per le realtà urbanizzate che le fanno corona, quella realtà che della coesione ha sempre fatto la sua differenza, ma che oggi vive anch’essa le contraddizioni di una piccola globalizzazione con un correlato avvio di polarizzazione sociale.
E’ un modello di crescita diffusa non soltanto a Bagheria, che pone oggi il problema di ridefinire i termini del patto non scritto tra mercato e municipalismo. Non ci sarà sostenibilità nella lotta alle diseguaglianze senza questo ripensamento. Occorre piegare lo spazio di rappresentazione della città tutto centro ad una dimensione policentrica, che includa nella Bagheria di domani non solo cerchi sociali di élite professionali e manageriali o della composizione sociale dei quartieri creativi già inseriti nei flussi globali della città, ma anche cerchi di esterni di una città infinita composta da spazi urbani dove il verde, i sistemi della viabilità sostenibile e l’abitare possano rappresentare una dimensione urbano-regionale di città distretto nel dialogo continuo con la realtà metropolitana della di Palermo.
Bagheria oggi, guardata oltre le sue mura, è una piattaforma urbana le cui reti e funzioni, non riescono a connettere ciò che i parametri amministrativi dividono. Una città estesa, la cui composizione sociale va vista in modo unitario, che esprime domande e interessi, bisogni di qualità della vita, di investimenti sociali in reti infrastrutture, non riducibili a quelli delle sole aree dei quartieri più vivaci. Ripensare una composizione sociale urbana allargata, può ridare ossigeno al far politica mettendosi in mezzo agli automatismi dei flussi.
La Bagheria della manifatturiera in transizione, dei ceti medi e dei ceti popolari scomposti e ricomposti, della forza lavoro immigrata che fa funzionare terziaria nel nucleo centrale, abita soprattutto la città della periferia. Innovare è anche abbassare lo sguardo all’orizzontalità sociale, al decantare il medesimo modello di città delle ville anche nei nodi urbani e nell’urbano diffuso.
Una città non è guidata solo da sindaci, ma da un insieme di poteri di corpi intermedi e di un pluralismo che oggi comprende non solo le rappresentanze novecentesche del Terzo Settore, ma autonomie funzionali come istituzioni scolastiche, utilities o fondazioni, oppure imprese leader territoriali, e più sotto il pluralismo dei gruppi e reti associative.
Quale deve essere il contributo di questi tessuti intermedi nel trasformare le contraddizioni del modello Bagheria in altrettante agende di rigenerazione? Ma che da solo non basta, se Bagheria non recupererà le virtù di un nuovo modello di politica coniugato alla passione sociale.
E’ solo l’inizio di un confronto che vorrei possa aprirsi in modo proficuo tra tutti i cittadini affinché la prossima tornata elettorale per la elezione del Sindaco non si trasformi in un mero esercizio di autocompiacimento lasciando un enorme vuoto nelle aspettative di una città che ha bisogno di ricucire il proprio tessuto sociale in un spazio urbano a misura d’uomo.
Arch. Francesco Paolo Provino