Ven. Nov 22nd, 2024

In una settimana di tristi anniversari di omicidi di mafia, quella del giornalista Giuseppe Fava e quella del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, anche la morte dell’attore David Soul ha per me un significato importante.

Della mia infanzia ricordo il rapporto morboso con la televisione. Era la scatola in cui si realizzavano parte delle mie letture da Verne a Salgari a Steveson, e più in là anche Conan Doyle, ma mi piaceva tutto, persino Protestantesimo e I programmi dell’accesso.
Gli sceneggiati Rai di allora erano capolavori indiscussi, dalle trasposizioni agli originali, uno su tutti Il segno del Comando.

Gli appuntamenti fissi di un bambino degli anni ‘70 erano il Carosello, ma anche il martedì Supergulp che portava i fumetti in tv in prima serata e poi, per moltissimi, il giovedì, un telefilm poliziesco destinato a diventare un cult negli anni a venire: Starsky e Hutch.
L’idea del duo scanzonato impegnato in avventure poliziesche, aveva di base il valore dell’amicizia tra personaggi eterogenei con estrazione diverse (anche multietnica), che ne decretò il successo ma che non era una novità in senso assoluto. Basti pensare a The persuaders (in Italia Attenti a quei due) molto più british in tutti i sensi, ma non moto lontano dalla trasmissione di quei valori nel successivo poliziesco ambientato nella città di Bay City, una immaginaria cittadina, sulla falsa riga della Los Angeles di quegli anni.

Raccontare della morte di un attore legato in qualche modo alla tua infanzia non è mai cosa facile. Quei personaggi ti accompagnano nei giochi e in qualche modo contribuiscono alla formazione del tuo modo di essere. Una cosa la racconto sempre anche ai miei figli, ricordo perfettamente una valutazione che feci proprio mentre Hutch, il personaggio interpretato da David Soul, l’attore morto in questi giorni, entrava nella sua macchina e sceglieva di guidare in una direzione piuttosto che in una altra. Ecco – pensai – un adulto può prendere la macchina ed andare dove vuole, questo è essere adulto, essere libero di scegliere dove andare.
Quella sensazione non la provai con il primo ciclomotore, che aveva autonomia limitata, né con la prima 125cc. avuta a 16 anni, con cui girai la Sicilia in lungo e in largo.
La provai solo quando cominciai a guidare la macchina, una delle ultime Autobianchi A112 prodotte.


Non dovevo inseguire nessun criminale, ma stavo cominciando ad inseguire la mia libertà.
Per difendere anche il mio diritto a quella libertà, hanno perso la vita per mano mafiosa Giuseppe Fava e Piersanti Mattarella in momenti diversi e purtroppo in compagnia di altri eroi.

Chissà se a loro piaceva quel telefilm.

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Di Ignazio Soresi

Classe 1969. Si forma dai gesuiti a Palermo. Studia Economia e Commercio, Scienze Politiche, Scienze Biologiche ed in età matura, Beni Culturali ad indirizzo Storico/archeologico. Opera in ambito turistico. Ha collaborato con diverse testate.