Ven. Set 20th, 2024

Immaginare i cantastorie in quella che oggi è un angolo frequentato da spacciatori coi locali dei bagni pubblici usati come discarica, ci fa rosicare per non avere vissuto la Bagheria che ci racconta il Professore Antonino Russo.

La piazza IV novembre si trova dietro uno dei due pilastri che sostenevano il grande cancello che chiudeva da quel lato la proprietà dei Palagonia. Tocca la via G. Scordato e poi prosegue verso la zona alta del paese.

Vi si accede sia dal corso Umberto che dalla via G. Scordato, il problema è che il passante frettoloso dal corso non riesce a scorgerla se non guarda attentamente. Negli anni questa piazza non è stata mai sistemata. É vissuta sempre ai margini del Corso Umberto e non è mai stata apprezzata per l’interesse che poteva avere come posto strategico per qualche negozio o bar. Ciò a volte è avvenuto occasionalmente. Quando io ero ragazzo la piazza IV novembre era frequentata da sfaccendati che vi trascorrevano qualche ora occupati in discorsi spesso oziosi. Ogni tanto arrivava nella piazza un cantastorie che srotolava un drappo con alcuni disegni e, strimpellando una vecchia chitarra, si esibiva in vecchie cantate e in nuove ballate. A volte un banditore, accompagnato da un tamburo, faceva arrivare nella piazza un nugolo di ragazzini per fare ascoltare loro propaganda di un prodotto. I ragazzini, poi, portavano alle proprie mamme la notizia della merce propagandata.
Il cantastorie veniva quasi sempre in concomitanza con festività e si fermava almeno un paio di giorni. Il secondo giorno gli abitudinari che avevano imparato a memoria alcune battute, anticipavano l’intervento del cantastorie e questo s’innervosiva. Spesso il poveretto tirava qualche oggetto ai ragazzi molesti mettendoli in fuga.

I due pilastri (che danno anche il nome alla zona) non sono stati mai valorizzati perché uno si trova ingabbiato tra due case, l’altro è stato sempre contornato da piccole costruzioni adibite ad usi vari, intanto i due gruppi di statue in tufo che a suo tempo sono state collocate in cima ai pilastri si saranno deteriorate perché nessuno ha mai pensato di dar loro una controllata. Io vedevo queste statue dal terrazzo dei miei nonni paterni. Il terrazzo dei miei nonni si trovava proprio accanto ad uno dei due pilastri. La sera al buio le statue in tufo assumevano una dimensione fantastica ed io arrivavo persino a conversare con loro. Per fare ciò non mi mancava la fantasia e lo spirito di iniziativa. A volte rimanevo per parecchi minuti in serrata conversazione con me stesso. Quando erano esauriti gli argomenti, tornavo giù dai familiari che erano immersi nella consueta conversazione giornaliera. I pilastri, insomma, hanno fatto parte del mondo della mia infanzia.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.