Uno di quegli aneddoti romantici a cui ci ha abituato il Professore Antonino Russo: quando essere bambini era più semplice anche nelle difficoltà, e la pioggia diventava compagna di giochi.
Quando ero ragazzo, appena iniziava a piovere, prendevo un ombrello e andavo in strada. Sferzato da una pioggia battente, udivo armonie che ni riempivano il cuore. Osservano compiaciuto le persone che passavano sotto a mal sicuri ombrelli. Spesso le persone erano fasciate da succinti impermeabili, a volte erano coperte da cappotti sdruciti, con l’abbigliamento completato da una sciarpa di lana lavorata dalla nonna nelle langhe sere di inverno. A volte la sciarpa era occasionale, sfilacciata, spesso bucata. Era comunque sempre sciarpa che mirava a coprire il collo molestato dal vento freddo. Appena smetteva di piovere, rientravo a casa e continuavo ad osservare da una finestra le persone che si affrettavano a raggiungere un posto riparato.
L’osservazione della pioggia era per me un momento di spettacolo attraente e piacevole: trascorrevo ore nell’osservazione della pioggia.
Ho scritto anche un paio di poesie, mentre ero intento ad osservare la pioggia cadere.
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