I ricordi del Professore Antonino Russo, dei momenti vissuti durante la seconda guerra mondiale, pur nella drammaticità di allora e in quella odierna di altri venti in altri lidi, restituiscono un che di tragicamente poetico. Un ossimoro che esplode come una bestemmia, un’eresia del cuore, nel cuore. Mai più!!!!
I venti di guerra risvegliano in me ricordi del recente passato.
Io ho vissuto una guerra da bambino nei primi anni quaranta del novecento. Non ne vorrei tornare a vivere un’altra da grande. Ho ancora negli orecchi il suono di una sirena collocata nella casa di fronte a quella dove abitavo io. Questa suonava tutte le volte che si avvicinava un aereo. Al suono della sirena scendevamo al piano terra e andavamo dalla signora che abitava accanto a noi.
Non è che la casa della signora fosse più al sicuro della nostra: ci sistemavamo in un piccolo gabinetto che era stato ricavato da un sottoscala. C’era di positivo che si stava insieme e ci si faceva coraggio a vicenda. E poi si parlava in continuazione per cercare di distrarsi e non ascoltare in tal modo il rumore assordante dello scoppio delle bombe e quello lacerante dei motori degli aerei che volavano a bassa quota. lo portavo sempre con me un pezzetto di pane nero perché la paura mi faceva venire fame. Ovviamente era una presa in giro che operavo su me stesso.
La fame c’era sempre e la paura non passava mai. Quando passava un aereo io infilavo la testa sotto la maglietta di mamma.
In tal modo, pensavo, se cadeva una bomba su noi io ero salvo.
Di tanto in tanto, per le necessità di qualcuno, dovevamo evacuare il piccolo gabinetto. Nei momenti di calma mamma e papà andavano a fare la spesa. Cercavano di comprare sempre qualcosa in più, nel caso il giorno dopo non fosse stato possibile uscire di casa. Per il pane era preferito il vastidduni che durava due o tre giorni,a seconda della fame delle persone interessate.
La fame è la sensazione più forte e intensa che mi è rimasta dentro. Ancora oggi sto attento ad avere la dispensa con qualcosa per il giorno seguente. Dopo quello della fame, il ricordo più brutto era quello delle toppe nei vestiti e le solette sotto le scarpe. Queste le trovavamo nei pacchi che arrivavano dall’America, spediti da un fratello di mio padre.
Spero che queste cose rimangano confinate nell’angolo dei ricordi.
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