Mar. Ott 22nd, 2024

Continua lo spazio dedicato alla trattazione di alcuni casi giuridici che possano fare da linea guida a chi vive problematiche simili.

Il caso

Una lavoratrice con contratto a tempo indeterminato si è rivolta allo Studio Legale Guida per essere tutelata dopo aver ricevuto una lettera di licenziamento nel mese di settembre.

Il licenziamento riporta una motivazione solo apparente e formale che sembra alludere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo: “scelte di natura strettamente aziendali, ci vedono costretti, nostro malgrado, a dover procedere ad una razionalizzazione delle risorse umane impiegate nel processo produttivo” senza specificare altro.

Le tipologie di licenziamento

È bene precisare che il datore di lavoro ha facoltà di licenziare un lavoratore rispettando alcuni requisiti quali la forma scritta e la motivazione.

È la motivazione che indica la tipologia del licenziamento e, pertanto, deve essere espressa e completa.

Le motivazioni possono essere le seguenti:

Licenziamento per Giusta Causa (art. 2119 c.c.): è un licenziamento immediato che può essere effettuato dal datore quando si interrompe il legame fiduciario con il lavoratore, a seguito di un comportamento altamente lesivo degli interessi dell’impresa.

Licenziamento per Giustificato motivo soggettivo: Può essere disposto dal datore di lavoro solo nei casi previsti dalla legge, quali ad esempio l’insubordinazione del lavoratore, la negligenza grave nell’esecuzione delle mansioni affidate, l’abuso di permessi o assenze non autorizzate. Il preavviso dipende da quanto disposto dalla contratto collettivo nazionale.

Licenziamento per Giustificato motivo oggettivo: si verifica per motivi di natura tecnica/organizzativa dell’azienda. Si riconducono a questa fattispecie l’esternalizzazione di un servizio prima effettuato dall’azienda, una forte contrazione del fatturato, il superamento del periodo di comporto e/o l’inidoneità psico-fisica del lavoratore. Ciò è previsto dall’art. 3 della Legge n.604/1966 e successive modifiche.

Onere della prova

Ai sensi dell’art. 5 della Legge già citata in precedenza, l’onere della prova della sussistenza del motivo oggettivo spetta al datore di lavoro.

Infatti, secondo la procedura, il licenziamento oggettivo deve essere sempre intimato in forma scritta e garantire al lavoratore il rispetto del preavviso.

Se ne deduce che nella comunicazione scritta il datore deve indicare la motivazione, non solo formalmente, ma esplicitare anche sostanzialmente le ragioni che giustificano il licenziamento.

Obbligo di repêchage

Il datore di lavoro non deve solamente provare la sussistenza delle ragioni di carattere oggettivo poste a base del recesso, ma deve provare altresì l’inutilizzabilità del lavoratore in altre mansioni analoghe a quelle precedentemente svolte, anche inferiori (Cassazione, ordinanza n. 17036/2024).

La natura di extrema ratio del licenziamento impone al datore di lavoro un onere probatorio ulteriore rispetto all’effettività della ragione economico-organizzativa e al nesso causale, costituito dall’impossibilità di ricollocare il lavoratore all’interno dell’organizzazione aziendale.

 Il lavoratore il cui posto sia stato soppresso deve tendenzialmente essere adibito a mansioni equivalenti, cioè diverse ma rientranti all’interno dell’inquadramento contrattuale a lui spettante.

Tuttavia, nel caso in cui nell’organizzazione aziendale non sussistessero o non fossero disponibili mansioni equivalenti, il lavoratore potrà essere destinato anche a mansioni inferiori al suo livello di inquadramento, coerentemente con la preferibilità di un demansionamento rispetto al licenziamento (c.d. demansionamento conservativo), ai sensi dell’art. 2103 c.c.

Qualora l’esigenza organizzativa conduca al semplice taglio del personale, senza alcuna riorganizzazione aziendale, la prova del repêchage non deve essere fornita. In tal caso, infatti, non vi è la soppressione dello specifico posto di lavoro inteso, bensì una riduzione numerica dei lavoratori che svolgono la medesima funzione al fine di riduzione dei costi fissi aziendali; di conseguenza è impossibile pretendere la prova dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni perché l’assenza di riorganizzazione preclude la creazione di “spazi” nell’organigramma in cui inserire il lavoratore in esubero.

Il datore di lavoro deve comunque dimostrare, in questo caso, l’esigenza economica di riduzione del personale e giustificare in concreto, in applicazione della regola di buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., la scelta del lavoratore da licenziare tra quelli occupati in posizioni di piena fungibilità.

Tutele

Nel caso in cui il lavoratore desiderasse tutelarsi, sarà necessario procedere al più presto con una contestazione formale del licenziamento e, successivamente, avviare un procedimento giudiziario innanzi al Giudice del Lavoro.

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Di Redazione

Al blog de L'inchiesta di Bagheria, collaborano diverse figure, ognuna con una sua peculiare dote e con una suo campo d'azione. I comunicati stampa vengono elaborati indistintamente da chi li riceve al momento.