L’ultimo sindaco borbonico di Bagheria, la sua morte violenta ed il contesto della metà dell’Ottocento prima dell’unità d’Italia, raccontato alla presenza della Principessa Beatrice di Borbone delle Due Sicilie.
L’aura di rievocazione e di revisionismo complottista che spesso ammanta chi cerca di raccontare spiragli di verità diverse da quelle ufficiali dei vincitori, è sparita al racconto della figura dell’ultimo sindaco borbonico di Bagheria, Don Gesualdo Pittalà. Nel momento stesso in cui si riconosce nel suo omicidio la mano di un fenomeno criminale che di lì a poco diventerà mafia, si riconosce anche le genesi stessa del fenomeno, nelle maglie di un territorio unito in un unico regno.
Forse è il primo regalo stesso dell’unità ai nostri territori.
Se ne è parlato ieri ad un convegno in sala Borremans a villa Butera, sulla figura del sindaco borbonico, organizzato dall’ Associazione Bagheria per il Sud, di cui è presidente la Dottoressa Concetta Rotino con la fattiva collaborazione della Fondazione “il Giglio” di Napoli.
Numerosi i convenuti che hanno voluto partecipare e avvicinarsi alla splendida figura di S. A. R. la Principessa Beatrice di Borbone, che era generosamente presente, ascoltando la storia di Pittalà dalla voce della docente presso l’università Federico II di Napoli, Carmela Maria Spadaro.
L’evento che è stato allietato da alcuni intermezzi musicali con brani di Ennio Morricone eseguiti dal vivo al pianoforte dal maestro Giovanni Moncada, si è articolato poi nei saluti istituzionali da parte dell’attuale Sindaco Filippo Maria Tripoli, ed in altri interventi tra cui quello del figlio di Nicola Previteri, Milo, a cui dobbiamo la ricostruzione storica esposta ieri. Anni di lavoro per la stesura del libro Verso l’unita Gli ultimi sindaci borbonici di Bagheria, di cui era disponibile una copia omaggio.
La Dottoressa Rotino, ha tenuto poi a sottolineare l’importanza della restituzione alla verità degli eventi che caratterizzarono quegli anni così fondamentali per la formazione del nuovo sud moderno, in cui fu facile confondere predoni ed eroi, con una mistificazione della narrazione storica che necessità oggi di una più approfondita analisi.
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