Ritornano i ricordi del Professore Antonino Russo. Nel racconto dei mestieri antichi anche la tradizione del carretto molto sentita in una Bagheria che stenta a trovare la sua origine e la sua antica identità.
La sella era il paramento più appariscente di tutto il corredo che vestiva il cavallo. Per i giorni di festa il proprietario dell’animale disponeva di ornamenti particolari, atti ad abbellire l’oggetto: piume, fiocchi di lana, pezzetti di specchi sistemati in modo da illuminare quasi il tutto, campanelli di varie dimensioni, il cui suono veniva ascoltato dai cavalli che lo uniformavano al ritmo del passo e lo accompagnavano col movimento della testa.
Il sellaio era l’artigiano che curava la composizione e la costruzione dei paramenti del cavallo da tiro. La sella era un elemento importante, ma era bene curare la riuscita di tutti gli altri elementi. Il sellaio occupava una piccola bottega, piena di cianfrusaglie che componevano a formare gli armigi, cioè l’armamentario a disposizione del cavallo per tirare il carretto in maniera efficace. Per la loro confezione veniva usata una pelle scadente perché alla fine gli armigi non costassero troppo.
Questi oggetti venivano usati fino a quando si consumavano del tutto. Il sellaio aveva una grossa abilità nel maneggiare gli attrezzi da lavoro. Un punteruolo faceva i buchi nella finta pelle per fare entrare ago e filo di spago per cucire le parti del corpetto. A lavoro ultimato il sellaio passava all’atto pratico per cucire le varie parti dell’armatura e renderle funzionali.
Io mi fermavo spesso ad osservare il lavoro del sellaio perchè era un esercizio di estrema abilità. Spesso capitava che il sellaio per un lavoro eseguito velocemente riceveva un caloroso applauso da occasionali spettatori, nel momento in cui provava la funzionalità dell’opera finita.
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