Ven. Dic 27th, 2024

La verità sullo sfincione. Ritornano i ricordi del nostro Antonino Russo, e nonostante la tragicità dei momenti vissuti emanano calore e racontano altre cose.

Queste poche righe del Professore impongono una riflessione su un tema che in questi giorni ha infervorato qualche bagherese. Da una parte qualcuno interessato non solo economicamente ad un certo evento, dall’altro uno spassionato amante della città che spingerebbe su altro tipo di eventi.
Tra le cose più tristi, il monopolio di fatto delle manifestazioni a Bagheria: gastronomia, cultura, concerti hanno una matrice politica e servono a quello scopo prima di tutto. Ma ancora più triste lo scoprire come culturalmente lo sfincione abbia connotati diversi e precisi molto lontani da quelli ridanciani e opulenti dei nostri giorni a Bagheria.

Ecco il racconto di Russo:

nella serata della vigilia di Natale si riuniva la famiglia allargata per mangiare lo sfincione. La fettina di sfincione era talmente piccola che veniva degustata per mollichine successive. Alla fine non ti rimaveva alcuna sensazione, come se non avessi mangiato alcunchè. Per il finale di serata eravamo tutti muniti di schiaccianoci per aprire una noce e una mandorla.
Dopo cena si andava tutti a passeggio sul corso Umberto per aiutare la digestione che era già avvenuta al momento della partenza, per l’esiguità di quanto mangiato. Poi si andava tutti in chiesa per adorare il Bambino appena nato nel presepe. Tornati a casa il letto ci accoglieva pieni si sonno e di fame.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.