Ancora il Professore Antonino Russo traccia, con i suoi ricordi, i contorni di una Bagheria lontana dove, con le risorse del circondario si edificava la città, che diventava in tutti i sensi specchio del territorio.
Lasciando la strada provinciale per andare verso Aspra, attraversando la zona del cimitero, s’incontravano trazzere con ai lati terreni sottostanti da cui era stato estratto uno o più strati di tufo.
A Bagheria, prima della diffusione del cemento, tutti i muri delle case erano costruiti con pietre di tufo allineate una sull’altra.
Di tali muri se ne incontrano ancora nella vecchia Bagheria: sono stati un po’ rosicchiati dal vento e dalla pioggia, ma si mantengono ancora in piedi.
Le trazzere viste da lontano avevano un aspetto caratteristico: a volte sembravano camminamenti aerei.
Le ruote dei carretti dei contadini che hanno percorso le trazzere per anni hanno prodotto nelle stesse dei solchi più o meno profondi che ad un certo punto fungevano da binari entro i quali le ruote dei carretti camminavano. Se dentro un binario cadeva una grossa pietra, questa faceva sobbalzare la ruota del carro che la percorreva. Una volta che la mia nonna paterna era seduta nel sedile posteriore del carretto, in uno di questi sobbalzi è volata giù e si è fatta un po’ male. Da quel giorno la nonna non si è più accomodata in un carretto per paura che si potesse ripetere l’inconveniente della caduta. Gli altri, piccoli e grandi, camminavamo a piedi. Nel carretto vi erano depositate pentole varie contenenti il vettovagliamento.
In estate era d’obligo il ghiaccio per far rinfrescare l’acqua che in quei mesi raggiungeva alte temperature. La sera si andava tutti ammassati nel piano del carretto. A quel punto tutti avevano premura di tornare a casa.
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