A volte, quando leggiamo certi ricordi del Professore Antonino Russo, ci assale una nostalgia fortissima e dolcissima come se fossero nostri. Forse è solo malinconia di non avere vissuto noi, quei momenti da lui raccontati.
Da ragazzo mi sorprendevo spesso in certe sere d’estate a fare un dialogo con le statue di palazzo Palagonia. Una sera dentro la villa mi ha sorpreso la pioggia di un temporale estivo. Ho avuto persino pietà per le statue che si bagnavano. Poi sono corso a casa fradicio di pioggia.
I ragazzi più ardimentosi facevano il cavalluccio sugli animali di tufo, percuotendoli anche con una piccola canna e facendo il verso della cavalcata, avevano anche dato un nome ai personaggi delle statue.
Quando la sera rientravamo nelle nostre case era buon costume salutare le varie statue che ormai consideravamo nostri amici. La sera seguente tornavamo a salutarli e quella seguente ancora.
Peccato che allora nessuno abbia pensato di farne copie in creta o in gesso. Oggi avremmo interessanti modellini da mostrare agli amici. Ancora oggi quando vado a Bagheria vado a Villa Palagonia a visitare i miei amici in tufo. E dire che quando era ragazzo i pupi di Palagonia li chiamavano mostri! Erano considerati mostruosi perchè erano vestiti in modo strambo. Un altro motivo di mostruosita era la trasformazione di animali in esseri umani. Ci sono poi tanti musici che secondo noi la sera erano pronti a suonare motivi vari. Nelle sere ventose la nostra fantasia ci faceva udire anche i suoni di alcuni strumenti. Era il suono di quella che noi chiamavamo l’orchestra di Palagonia.
Resta sempre affinato con noi.
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