Un nostalgico escursus del Professore Antonino Russo, sulle avventure giornalistiche nella città delle ville, quando la verità non era certificata dalla patente di narratore, ma bastava onestà intellettuale. E quando l’opinione sincera e spassionata non era una colpa e non era appannaggio solo dei patentati.
Ricordo con enorme piacere le riunioni a casa Di Bella per discutere del contenuto del giornale “il popolare”.
Confesso che in quel periodo mi sentivo un giornalista importante e mi reputavo un elemento utile alla comunità cittadina.
Ero esaltato? Forse si!
É stata, comunque, una bella esperienza, formativa al massimo.
Gli elementi che spiccavano su tutti in quel momento erano il monaco francescano Padre Bernardino e i fratelli Di Bella.
Tra tutti gli elementi del gruppo vi era una perfetta sintonia. Il prodotto ottenuto ci sembrava eccellente, anche se analizzato oggi ci appare di proporzioni modeste. In quel momento, però, l’impatto con la comunità bagherese è stato importante: e il nostro orgoglio viaggiava a mille.
Dopo questa premessa potrebbe sembrare che avevamo messo su qualcosa d’importante. Nel giro di poco tempo, invece, il palloncino si è sgonfiato. L’entusiasmo è andato via via scemando e in poco tempo è sfumata l’idea del settimanale, poi quella del quindicinale, poi quella del mensile.
Dopo una decina di numeri, portati avanti faticosamente, l’esperienza è stata archiviata, come quelle che l’avevano preceduta.
Mi piace far cenno del numero unico “ASCESA”, organizzato da me, Salvatore Lo Bue ed altri, in seno alla Associazione Cattolica San Giovanni Bosco della chiesa Madrice.
Si trattava di quattro paginette piene di buone intenzioni e di progetti ambiziosi. Vi si accennava a romanzi e racconti. É bello, però che qualcuno negli anni cinquanta avesse voglia di provarci.
La persona più entusiasta del gruppo era Padre Bernardino, cioè la più modesta. Noi eravamo pronti a seguirlo. Le buone intenzioni, però, non sempre bastano a sostenere una impresa.
Anche noi, dopo i primi entusiastici numeri, ci siamo arresi e abbiamo deposto la penna, lasciando che altri nel tempo prendessero l’iniziativa. Per quel che mi riguarda, dopo la esperienza de “Il popolare” e un paio di apparizioni su “Vita di casa nostra”, ho dovuto attendere “Il settimanale di Bagheria” per rimettermi all’opera … giornalistica, e questa volta con una certa continuità, che, sebbene soltanto on line, continua ancora. All’alba del dumila, come appena accennato, sono apparsi “Il Settimanale di Bagheria” dell’ardimentoso Michele Manna e “La Voce di Bagheria” del baldo giovane Martino Grasso.
Questi due giornali sono sembrati subito intenzionati a seguire le orme di quelli che li avevano preceduti, superandoli, però, abbondantemente per quanto riguarda la durata.
Il cammino della tradizione giornalistica bagherese al momento
continua, anche se on line.
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