Mer. Ott 23rd, 2024

di Francesco Paolo Provino

Rigenerazione urbana è diventata di recente una parola d’ordine per definire gli interventi di trasformazione della città.
Allude all’idea di ‘rimettere in moto’ a partire dall’esistente; in alcuni casi, ritornare a uno stato precedente, che si sarebbe perduto. Costruisce una narrazione potente, perché configura un immaginario orientato al futuro, legato alla possibilità di rinnovarsi a partire dalle proprie caratteristiche, una tensione alla modificazione radicata in una prospettiva processuale, che richiama il cambiamento secondo un’accezione positiva e di riscatto. Sul piano operativo, definisce un ampio spettro di interventi. Da un lato, si collocano quelli di natura edilizio-urbanistica: investimenti sul patrimonio residenziale, le attrezzature e le infrastrutture, per migliorare le condizioni abitative e di vivibilità della città. Dall’altro, è riconoscibile un sistema eterogeneo di progetti di trasformazione territoriale che vedono il combinarsi di elementi differenti, secondo un approccio integrato che tocca più settori di intervento. Oggi a Bagheria appaiano evidenti i cantieri pubblicizzati quali interventi di rigenerazione urbana è che seppur con buoni propositi realizzano soluzioni che rinnegano gli stessi principi posti alla base delle best practice ed in particolare quelle riferite al DNSH – “Do No Significant Harm” che prevede per gli interventi finanziati dal PNRR nazionale non arrechino nessun danno significativo all’ambiente.
Appare evidente che in due interventi, Via Libertà e Corso Butera, si stia procedendo alla rimozione dell’orlatura di pietrame calcareo, posta a delimitazione del lato lungo strada, per riproporre una medesima soluzione con materiali lapidei provenienti da nuova estrazione, con buona pace della tutela dell’ambiente, non considerando che il materiale dismesso viene di fatto trasferito in discarica con i relativi costi di trasporto e conferimento e non ultimi quelli per l’ambiente, dimenticando che per tradizione, sia locale che tecnica, l’orlatura di pietrame calcareo e le relative basole, poste a pavimentazione o solamente per la formazione del fondo delle cunette stradali, possono essere “rigenerati” ridando una nuova vita a questi materiali attraverso processi di lavorazione in situ con la capacità di maestranze specializzate nelle capitozzatura dei bordi e bocciardatura delle superfici tali da renderli idonei ed senza dubbio alcuno adeguati al contesto storico ed architettonico che nel tempo né ha consolidato la loro presenza. 
Non è di certo l’impiego di nuovi materiali provenienti, quest’ultimi da siti di cava, a determinare la qualità dell’intervento ma bensì è la capacità dello stesso intervento di dare una nuova vita ai medesimi materiali che ne determina la sua capacità di consapevolezza per il costruito. Altro discorso va fatto sulle pavimentazioni, dove aldilà degli odierni modelli proposti da prezziari ed altri strumenti tecnici, sarebbe stato opportuno un ragionamento guidato attraverso le necessità prioritarie degli utilizzatori finali primi  fra tutti i soggetti svantaggiati,ipovedenti e a ridotta mobilità, per assicurare loro le più adeguate soluzioni capaci di agevolare la loro mobilità in totale autonomia e dall’altro assicurare all’interno delle possibili soluzioni progettuali ambiti distintivi e riconoscibili per specificità e caratteristiche tecniche costruttive coniugate agli ambiti architettonici dove rilevante è la presenza di manufatti architettonici ed ulteriori elementi urbani già riconoscibili aio quali va di certo riservata una riconoscibilità specifica, tale è lo spazio antistante Palazzo Galletti Inguaggiato, Villa Giuseppina,

o la totale mancata attenzione per lo spazio a verde che ospita il busto di Baldassare Scaduto e il marciapiede di Corso Butera completamente negato a qualsivoglia intervento di riqualificazione e arredo urbano in chiave di vera rigenerazione urbana.

Per ultimo non sarebbe stato opportuno adeguare la pavimentazione degli spazi destinati a parcheggio con l’inserimento di grigliati erbosi capaci di migliorare la capacità drenate delle superfici, rendendo qualitativamente più interessante il colore delle stesse (vedi l’intervento di Via Libertà).    

La Soprintedenza per i Beni culturali e Ambientali, tenuto conto che l’area di interesse riguarda nello specifico in “centro storico” di Bagheria ha tenuto conto dell’impatto di questi interventi?

In questa prospettiva, si introducono specifiche sfere della rigenerazione urbana che attengono alla dimensione dello sviluppo territoriale: la dimensione dei legami sociali e delle modalità con cui una persona diviene risorsa all’interno di una esperienza sociale inclusiva e proattiva, rafforzando comunità di progetto; la dimensione dello spazio che diviene un ‘addensatore’ di diverse mansioni, funzioni e significati, alimentando nuove forme di vita ed economia comune. Ciò richiede di mettere contemporaneamente al centro le energie sociali, come d’altra parte i luoghi, che non sono solo singole soggettività oppure unici spazi architettonici, ma interi territori. 

Questa idea di rigenerazione urbana è alla ricerca di ‘corrispondenze’ tra ambiti che sono fortemente interrelati nella nostra esperienza quotidianaper arrivare quindi alle pratiche, quello che la gente fa. Per indicare le tracce che lasciano, come patrimoni depositati sul territorio (materiali e immateriali), eredità di cicli passati di relazione tra l’Uomo e la Terra, la pianificazione territoriale ricorre alla nozione di vocazioni. Le vocazioni contengono indizi di possibili percorsi di sviluppo, hanno natura analitica e prescrittiva, sono “un riferimento identitario, una ‘propensione collettiva’, una qualità territoriale che può essere oggetto di investimento patrimoniale ed affettivo”.
I diversi cantieri che si sono aperti a Bagheria purtroppo scontano il mancato coinvolgimento dei cittadini dal basso che stanno cambiando il volto di molte periferie e reclamano investimenti in institutional-building. Si tratta di avviare processi complessi che richiedono a tutti nuove intelligenze, competenze e sensibilità: all’operatore pubblico una nuova apertura e attenzione verso la costituzione di ambiti e strumenti di progettazione multilivello e multiattoriali; agli esperti una idea di progetto aperta e inclusiva, in cui città e territorio divengono supporti per una impresa collettiva che si sviluppa nel tempo; ad abitanti e forze locali un ruolo attivo e propositivo al di là delle storiche inerzie e contrapposizioni; agli attori urbani sensibilità e attenzione verso importanti opportunità da cogliere. 
In questa prospettiva è centrale non solo il ruolo degli abitanti, ma anche quello dei soggetti: organizzazioni intermedie come associazioni, cooperative, imprese creative, comitati di abitanti che diventano i primi interlocutori e il tramite verso una partecipazione più diffusa.

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Di Redazione

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