Dato il buon successo di pubblico e di critica, la mostra “Il cuore della luce è nero. Pittura ed alchimia nell’opera di Marco Danese”, in esposizione nei locali del Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana” sarà fruibile ancora quasi per tutto il mese di gennaio.
La mostra è stata recensita dal giornalista Giuseppe Fumia, corrispondente, per quanto riguarda la pagina della cultura, del giornale La Sicilia, ed inoltre ha suscitato grande interesse in Nicolò D’Alessandro, artista assai poliedrico e di fama internazionale nonché critico d’arte, a cui si deve la realizzazione di grandi mostre esposte sia a Palermo che in altre città della Sicilia. Di Danese, il D’Alessandro ha apprezzato soprattutto la bravura tecnica, condividendo poi il pessimismo che traspare dalle sue opere, dove ad essere dominante è l’oscurità del nero, facendoci però osservare che le campiture di rossi e ranciati si insinuano tra i neri e i bianchi assoluti – afferma il critico – in un territorio dominato dal buio, da una oscurità inquietante che Piero Montana ben identifica, mi piace interpretare le piccole isole di rosso fuoco come spazi di libertà e di speranza da contrapporre al pessimismo di fondo che mi pare di scorgere nell’artista riesino, coincidente con la realtà umana e sociale contemporanea ancora più tenebrosa del nero e del buio evocato.
A proposito di questo pessimismo colto pure da Fumia nella sua recensione critica della mostra, riveliamo qui qualcosa che non è stato detto. Infatti il titolo di essa originariamente era un altro, e cioè quello di “Opera al nero”.“Opera al nero” è la prima fase dell’alchimia, chiamata nigredo, e che viene ad in dicare la materia prima nel suo stato iniziale di caos, nel suo essere indistinta e in un processo di decomposizione ovvero di putrefazione.
Danese che originariamente aveva scelto questo titolo per la sua mostra, tuttavia non era soddisfatto di esso in quanto, operando nell’ambito della ricerca astratta, intendeva proseguire lungo la strada aperta dal fondatore dell’astrattismo Wassily Kandinsky, il quale influenzato dal pensiero esoterico, portava alla ribalta nella sua pittura la realtà di una dimensione sottile ed invisibile, da contrapporre proprio alla materia e a tutti i suoi condizionamenti.
Per queste ragioni, Danese – scrive Piero Montana, direttore dell’omonimo centro e organizzatore della mostra- opta per un altro titolo diverso da “Opera al nero”, avendo letto “Lo Spirituale nell’arte” che si può considerare il manifesto dell’astrattismo, e recependone in pieno la lezione spirituale , che implicava la materia sia pure nel suo stadio iniziale di decomposizione, di dissolvimento.
Danese coinvolge pertanto nel titolo definitivo della sua personale l’alchimia, essendo questa “una scienza” dell’anima, che attraverso l’arte dei suoi Filosofi (gli alchimisti) viene condotta a stadi evolutivi quali l’albedo e la rubedo ossia a stadi di un profondo rinnovamento concludentesi con la sua santificazione e glorificazione. Questo stadio ultimo rappresenterebbe è il congiungimento dell’anima con la Divinità.
L’arista che pertanto prende coscienza di sé – continua Montana – ossia di un IO non più limitato e condizionato dagli aspetti materiali propri del nostro mondo e del nostro tempo, inizia a incamminarsi verso una strada che all’inizio non può sembrargli che impervia ed oscura. Una strada che agli inizi non può che sprofondarlo in un nero pessimismo, ma dove pure l’albedo, l’aurora incominciano a far vedere i suoi sprazzi di luce, una luce che però viene ailluminare le Tenebre in cui sprofonda questo nostro mondo.
L’opera pittorica di Danese noi la consideriamo importante perché nonostante il buio, l’oscurità, le tenebre che avvolgono la nostra esistenza è pure l’opera di un Figlio della Luce. Infatti solo prendendo coscienza della nostra alienazione, del nostro deliberato abbandono dello Spirito, nel lasciarlo da solo imprigionato nel carcere buio e materiale del nostro corpo, noi possiamo staccarci dai condizionamenti materiali in noi indotti da una cosiddetta società del benessere, da una alienante società dei consumi e volgere lo sguardo verso l’orizzonte di una dimensione superiore dell’esistenza,non più fondata sull’ottenebramento operato nell’anima da una mentalità moderna basata sul materialismo. Quell’oscurità – conclude il direttore del centro d’Arte e Culura – in cui viene a trovarsi l’uomo cieco innanzi ai bisogni, questi sì veri, dello Spirito. Noi pertanto consideriamo necessaria l’oscurità espressa da Danese nelle sue opere pittoriche, in quanto illuminata da quegli squarci di luce dell’albedo che ce la rendono visibile in tutta la sua alienante realtà.
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