Ven. Set 20th, 2024

Ancora un ricordo del Professore Antonino Russo ci riporta agli anni di stenti dove un bottone aveva un valore tale da non potere essere sprecato nei giochi dei bambini.

Con i bottoni piccoli del gilet del nonno o della chiusura dei pantaloncini, noi ragazzi giocavamo a zicchinietta. Due dita incrociate facevano scattare una molla e si vedeva chi inviava il bottoncino più lontano, o vicino al pallino. Altre volte si giocava ad accostare al muro. In questi giochi io non avevo fortuna, nè abilità e perdevo sempre. I bottoncini me li forniva il cassettino della macchina per cucire della mia mamma sarta. Ma questo giochetto l’ho potuto fare solo saltuariamente perché mia madre un bel giorno ha scoperto la magagna e mi ha tagliato i viveri.
L’avventura si è conclusa con le solite legnate di mio padre. Quando queste sono diventate tante e insopportabili, mi sono ritirato dal gioco. Da quel momento ho deciso che il gioco dei bottoni non era fatto per me. I bambini della Badduzza hanno accettato male il mio ritiro dal gioco perchè veniva meno una fonte di approvvigionamento del materiale primario. Finalmente, però, avevo capito che la mia mamma lavorava con quei bottoni e non era il caso di giocarci sopra.
A fine giornata alcuni bambini avevano i pantaloncini attaccati con uno spago. Avevano tolto i bottoni, li avevano giocati e persi. La sera a casa si andava a questionare con le mamme. I bambini dicevano di avere persi i bottoni per strada, ma le mamme sapevano che le avevano persi al gioco. Ed erano mazzate. La sera, quando rientrava il padre del lavoro, vi erano le mazzate conclusive e si andava a letto con poca cena.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.