Gio. Nov 21st, 2024

Cara Giulia, 

io mi chiamo Nicolò, e l’anno prossimo avrò la tua stessa età, anche se sei nata un anno prima di me. 

Quando ho visto il post di tua sorella, in cui denunciava la tua scomparsa, ho pensato che sarebbe stato inutile condividerlo, siamo così distanti. 

Forse ho pensato anche, che l’epilogo di questa storia fosse già stato scritto sul nascere. Poi per una settimana sono stato testimone di una storia che si allargava, che diventava di dominio pubblico, che si tingeva di note già sentite e risentite.

Una storia tragica di cui tutti drasticamente conoscevamo già il finale.

Qualcosa nella tua storia però ci ha toccato più di tutte le altre. Sento quasi che nelle mente di tutti noi tu non sarai solo l’ennesima vittima di un dominio che non riusciamo a scalfire. Forse sarai una scintilla, e forse siamo vicini veramente all’incendio che cambierà le cose. E spero sia così, ma non riesco neanche ad immaginarlo, non mi sembra possibile.

Siamo stanchi di vivere in uno Stato che pensa solo alle punizioni, e mai ai provvedimenti. Stanchi di un sistema che ci tratta come pedine da spremere, e che tratta ogni donna come subordinata, come figura inferiore, come oggetto.

Sono stufo di vedere molti dei miei “colleghi” uomini non avere gli strumenti per comprendere quanto di tossico e malato ci sia nella visione che hanno delle donne, della vita, del modo in cui comportarsi. 

Sono solito esprimere spesso tutto ciò che penso. Ma in questo caso per qualche motivo è più difficile di tutti gli altri.

Ho celato la mia opinione sulla tua storia a tutti i miei amici, a tutta la mia famiglia, persino alla mia ragazza.

Non so descrivere a parole quello che provo, né tantomeno riesco a descrivere quanto io mi senta disilluso e diviso da un mondo in cui non riusciamo a trovare la soluzione giusta per educarci tutti, per proteggerci, tutti.

Io non so che dirti, Giulia. Sono un logorroico che non trova le parole. Sono devastato da tutto, da ciò che ti è successo, dalla quantità di volte in cui sentiamo una cosa simile. Da quante ragazze e donne a me vicine mi abbiano raccontato la paura incommensurabile che provano anche semplicemente nel camminare per strada. 

Mi sento una formica, so di fare tutto ciò che posso per migliorare me stesso e le persone che mi circondano, per difendere chi subisce delle ingiustizie e per condividere ideali positivi di vera uguaglianza e libertà tra ogni individuo.

Ma sembra che non si riesca ad arrivare da nessuna parte. Ogni lotta sembra inutile, inefficace. Non riesco ad avere speranza, Giulia, e ti chiedo scusa.

Non faremo mai abbastanza. Non saremo mai abbastanza. O forse sì, e mi sbaglio. Io sono impietrito dalle storie che leggo da sempre, dai racconti che sento da ogni singolo individuo di sesso femminile. Non ho idea di cosa si provi a vivere costantemente nella paura, nell’essere strumentalizzato, osservato, giudicato costantemente. Posso solo immaginarlo e già questo basta per farmi sentire male. 

Concludo dicendoti solo che mi dispiace.

Abbiamo fallito, stiamo fallendo. Troppe persone che corrono in massa dietro a  credi religiosi, movimenti politici, ideali che ci separano, ci categorizzano, ci incatenano. Istituzioni che ci insegnano che l’uomo sta in cima a qualsiasi piramide, e che quindi ci sono gradini diversi di rispetto e possibilità.

Mi sento sconfitto, sento di poter solo pensare alla mia bolla, perché il mondo non potrà esser capovolto.

Non vedo fine a questo dolore, non vedo eroi che possano salvarci. 

E ancora, chi dovrebbe unire invece divide, separa, alimenta un fuoco che non si spegnerà mai. E forse, purtroppo, mentre noi ci scanniamo su chi abbia torto e ragione, anche tu potresti diventare soltanto una delle tante, e questo non ce lo perdonerò mai, Giulia. 

La tua è una delle tante storie di questo tipo che sentiamo costantemente. Ma “uno dei tanti” è lui. Un ragazzo qualsiasi. Non un malato, non un folle. Un ragazzo come me. Questo è il problema. 

Non so come potremmo mai superare questo momento. La mia piccola mente non riesce a pensare soluzione alla pulizia della completa corruzione di un sistema che opera su talmente tanti massimi sistemi, per talmente tante persone e con talmente tanti interessi, che non farà mai niente per renderci migliori, per renderci liberi, per renderci uguali e alleati, tutti.

Siamo, e resteremo, schiavi delle convenzioni, dei pregiudizi, delle credenze, di bugie e finzioni a cui crediamo a testa bassa e che inconsciamente o meno ci condizionano per tutta la vita. Sembra che non riusciamo in alcun modo a condividere cultura, consapevolezza, o almeno non in tutte le persone. Forse siamo troppi, o forse semplicemente troppi di noi si rinchiudono in una gabbia di felicità personale, e non hanno la forza per sostenere la gravità dei problemi che permeano questo mondo, questa società.

Io detesto le religioni, la fede, ogni idea di aldilà. Scrivo questa lettera perché, egoisticamente, è l’unico modo che possiedo per far fronte a ciò che provo.

E mentre sento dentro di me una colpevolezza eterna, immortale, profondamente scolpita, che in realtà non mi appartiene, riconosco che questo disgusto inesorabile non è niente in confronto a quello che è successo a te, o quello che sente ogni giorno ogni donna.

Abbiamo un debito infinito da saldare, e non ce la faremo mai. Perdonaci Giulia, perché non ce l’abbiamo fatta.

Di Nicolò Soresi

Studente del DAMS, ha studiato Beni Culturali ed è un fervido amante di tutto ciò che è Arte, e cultura pop: libri, fumetti, videogiochi, cinema. Moderato collezionista e appassionato di comicità, filosofia, psicologia e politica.