Pace e bene, bentornati nella nostra settimanale rubrica. Questa settimana il Vangelo ci stuzzica molti spunti di riflessione su noi stessi e sulla nostra società ma vediamo subito insieme.
Il brano che la chiesa ci ha proposto nella ventinovesima domenica del tempo ordinario, vede come scenario un dialogo tra Gesù ed i farisei. Questi esordiscono con tutta la loro ipocrisia, poiché riconoscono a Gesù l’essere veritiero e che il suo insegnamento è secondo Dio salvo poi metterlo duramente alla prova su una questione delicatissima. Infatti gli chiedono se sia giusto pagare o meno il tributo a Cesare. Una precisazione da fare è che la Giudea, ai tempi di Gesù, è una provincia romana e gli israeliti detestano con tutte le loro forze l’essere assoggettati ai romani. Ma focalizziamoci un attimo sui farisei, essi prendono in giro Gesù, non credono in Lui, al suo insegnamento ed ai miracoli ma sfruttano la sua fama per affrontare tematiche scomodissime, perché se Gesù avesse detto che il tributo a Cesare è ingiusto lo avrebbero consegnato ai romani con questa scusa. Chissà quante volte capita nella nostra vita tutto questo, certi atteggiamenti falsi sono solo deleteri e grande segno di codardia. Passiamo al centro, al messaggio più importante, la risposta di Gesù ammutolisce i farisei e la loro arroganza, Gesù si fa dare una moneta con sopra l’iscrizione di Cesare e pronuncia una frase celeberrima: “rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Così dicendo Gesù esce illeso dall’eventuale minaccia romana e ribadisce che Dio non è alla portata dell’uomo e che le Sue vie non sono le nostre. Anche oggi si può applicare questo detto, dare a Cesare significa rispettare le istituzioni ed essere dei bravi cittadini. Dare a Dio vuol dire coltivare la relazione con Lui. Allora riempiamo la nostra quotidianità di questa frase impegnandoci ad essere bravi cittadini e veri cristiani.
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