Che in tutta Italia il disagio giovanile dilaghi, non mitiga il dolore di chi ha vissuto le battaglie del beato parroco di Brancaccio che 30 anni fa gridava alla lotta alla criminalità togliendo i ragazzi dalle loro grinfie.
L’omicidio di Don Pino Puglisi è stato il primo omicidio di mafia di cui mi sia mai occupato nella piccola emittente palermitana presso la quale avevo iniziato a collaborare. Avevo vissuto da giovane rampollo la stagione delle stragi, che mi aveva avvicinato a questo mestiere, ma stare dalla parte di chi deve raccontare certi fatti era diverso. L’evento ancora più toccante fu il funerale, al quale incontrai per la seconda e ultima volta in vita mia Biagio Conte, che avevo intervistato pochi mesi prima dell’omicidio per altre cose.
Ritornare a quei ricordi di 30 anni fa, quando ero un ragazzino e vedere quello che è accaduto in questo lungo tempo, mi intristisce ancora di più. Abbiamo fatto fallire l’idea di padre Pino, di combattere la criminalità togliendo loro la manovalanza.
Quando intere comunità sono sotto l’assedio di giovani che nell’indifferenza e nella tolleranza delle amministrazioni, sono pronte al reclutamento e di suo già delinque, padre Puglisi ha fallito.
Quando in una comunità come la nostra che con il quartiere Brancaccio ha sordidi legami, abbiamo abbandonato l’idea di trasformare il disagio in risorsa per la società e non per il crimine, padre Puglisi ha fallito.
Padre Puglisi ha fallito domenica quando quei minorenni hanno teso un agguato al Vigile Urbano in corso Umberto I, e ha fallito lunedì e martedì quando l’amministrazione ha negato parte importante dell’accaduto rischiando di fare del male a quei minori che saranno ancora abbandonati e ai suoi cittadini e si suoi collaboratori lasciandoli soli, indifesi.
Padre Puglisi ha fallito quando in questo contesto in cui a maggior ragione andrebbe ricordato per il suo impegno coi giovani vittime di degrado sociale, abbiamo fatto di tutto per dimenticarlo.
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