Ven. Set 20th, 2024

Nei racconti del Professore Antonino Russo, la saggezza di una volta, quando i batteri, servivano a produrre anticorpi e la città era meno permeabile alle contaminazioni… Altri tempi!

Negli anni ‘40 e ‘50 per strada, durante i giochi, capitava spesso di dover lavare le mani sporche di fango e altre diavolerie. Per questa operazione non si andava a casa, si sarebbe impiegato troppo tempo. Al centro delle strade vi era una cunetta nella quale scorreva acqua sporca che le massaie versavano durante la pulizia delle varie zone della casa.
Si, si trattava di acqua sporca, ma a noi serviva per pulire alla meno peggio le mani. Non tenevamo conto dell’igiene o della non-igiene. Nella strada tutto faceva brodo.

E non era finita qui. Una volta lavate (diciamo così) le mani nella cunetta, le stesse dovevano essere asciugate: lo si faceva nei pantaloncini che la sera, come immaginabile, avevano cambiato colore.

Ogni sera il rimprovero della mamma era inivitabile, come erano inevitabili gli schiaffi dei padri quando la sera tornavano dal lavoro. Dal momento che l’igiene lasciava a desiderare non si capisce come mai noi non prendevamo malattie a raffica. Vidoveva essere qualche santo che ci proteggeva.

Una pulizia sommaria si eseguiva la sera al rientro a casa. I panni andavano cambiati necessariamente ogni giorno. Le nostre mamme sbraitavano perché allora i panni venivano lavati a mano nella tinozza.

Di solito la cunetta si trovava nella strada acciottolata, ma ad un certo punto si è trovata anche in alcune strade asfaltate. Nessuno di noi raccontava a casa della pulizia delle mani eseguita nella cunetta sporca: sarebbero state botte supplementari. Le persone che ci vedevano non ci rimproveravano perchè a loro non recavamo danno. Loro ridevano divertite perchè il fatto non le riguardava.

Il problema dell’igene nell’immediato dopoguerra non era sentito come un dovere collettivo. C’era un detto in Sicilia che io traduco in italiano: chi sbaglia sbaglia e Dio perdona tutti.

(detto che, in tanti ambiti e per molti versi, è ampiamente applicato anche ai giorni nostri n.d.r.)

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.