Mar. Ott 22nd, 2024

Alcune riflessioni personali del Professore Antonino Russo, si inseriscono un una metafora per le vie di questa città, che assorbe come il ritratto di Dorian Gray, le negatività di chi la amministra.

Ogni scarpa diventa scarpone. Lo scarpone è brutto, anche se in origine era una bella scarpa. Quando la bellezza si deteriora va a farsi friggere e diventa bruttezza, Si può trattare di una bella persona o di un bell’oggetto, ma anche di una bella città: il risultato è lo stesso.

Tutto è soggetto a deteriorarsi, anche se noi facciamo di tutto perchè questo avvenga il più tardi possibile. La giovinezza, ad esempio, è qualcosa che ci sfugge di mano a ogni momento. Un bel giorno ci ritroviamo a non poter fare quello che facevamo prima e ciò ci procura una grande meraviglia. Penso con nostalgia alle continue passeggiate lungo il corso Umberto negli anni della mia giovinezza e di quella dei miei amici. La nostra freschezza è sfiorita senza che noi ce ne accorgessimo. Un bel giorno ci siamo ritrovati adulti, con un lavoro (per fortuna) sulle spalle e una giovinezza che ci salutava sempre da più lontano. Se nel frattempo siamo riusciti a fare delle cose abbiamo di che consolarci, altrimenti sono rimpianti e conseguenti dolori.

Quando ero piccolo ricordo che si pensava alla vecchiaia come ad un momento di riposo: in effetti quello è il momento della disfatta. Gli antichi dicevano che la vecchiaia è una brutta bestia. Avendo costatato il fenomeno personalmente vi posso assicurare che la vecchia definizione risponde a verità. La sensazione di essere invecchiato e non potere fare più tutto quello che facevamo prima, si ha da un momento all’altro e procura una grande rabbia. Si prova una strana sensazione di impotenza. Ci si sente inutili, incapaci di ogni cosa. Si prova la sensazione di uno che vuole prendere un oggetto, ma la lunghezza del braccio non gli permette di farlo. La sensazione più brutta è quella che faceva dire agli antichi: “Tintu cu avi ri bisuognu”. Il fatto di dover dipendere da altra persona per le proprie necessità dà un fastidio enorme. La perdita della indipendenza e della autosufficienza è una cosa che non va giù, specialmente a persone amanti della libertà di movimento. Se poi (come nel caso mio) scopri che sei ancora capace di leggere un libro e farne la recensione, scopri che i tuoi articoli sono letti da alcune persone, questo ti meraviglia e ti fa pensare che forse sei ancora buono a qualcosa.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.