Mar. Ott 22nd, 2024

“Buonasera signor Soresi, ma si fa più, a Bagheria, l’astrattu?” Comincia così questa conversazione con il Professore Antonino Russo, che ancora una volta ci commuove con le storie di un’antica città perduta.

Ogni anno con l’arrivo del bel tempo e del sole che spaccava le pietre, in alcune strade riapparivano i “maiddi”, cioè le tavole di legno nelle quali le massaie spandevano succo di pomodoro per ottenere l’estratto dello stesso. Dal punto di vista igienico c’era molto da ridire. Intanto venivano conservate spesso nelle stalle. In ogni caso avevano assorbito un bel po’ di polvere durante l’anno. Le “maídde” venivano esposte al sole ai lati di una strada. Per tutto il giorno ricevevano polvere dalle auto e motorini che sfrecciavano lungo le strade malandate. Durante il giorno le massaie ogni tanto rimestavano il succo di pomodoro per farlo asciugare bene. L’estratto alla sera era abbondantemente denso e pronto per essere deposto in barattoli più o meno grandi.

Non sappiamo quanti e quali sostanze si erano aggiunte con la polvere che il succo aveva raccolto durante la giornata. Alla fine quando si adoperava l’estratto per fare un sugo con cui condire la pasta, o insaporire, ad esempio la carne, tutti dicevano che era saporito e a nessuno veniva il dubbio che aveva ingoiato qualche elemento nocivo per la salute. Guardando dal mio terrazzo vedevo nei pressi di casa mia le “maidde” allineate con il loro coloro rosso vivo ed era un bel vedere. Gli abitanti della zona avevano una pessima abitudine: passando accanto a una “maidda” mettevano un dito nel succo di pomodoro e lo assaggiavano.

Ovviamente le persone (tra cui molti ragazzi) avevano le mani sporche e durante il giorno gli assaggiatori erano parecchi. Se ricordo bene nessuno sollevava il problema igienico. Se non vi erano in giro malattie infettive, la cosa andava avanti alla meno peggio. Probabilmente allora c’era qualche santo che ci proteggeva.

Oggi, con la diffusione delle scatolette di salsa di pomodoro e di pelati, non so se c’è ancora qualcuno che fa la fatica di produrre “astrattu” per le strade della città.

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Di Antonino Russo

Bagherese del ‘36, nel 1959 si trasferisce a Napoli per insegnare in una “elementare” nel popolare e pittoresco rione Vergini - Sanità. Si lascia coinvolgere dai fermenti culturali di Bagheria, dandosi proficuamente alla poesia, ma anche alla saggistica e alla narrativa. Collabora con numerose testate, è sociologo dal 1990.